Interessante pronuncia della Corte di Cassazione, la quale ha ribadito che l’affitto di un terreno agricolo non può che generare reddito fondiario in capo al proprietario e che i relativi canoni non possono essere considerati come redditi diversi.
Il caso di cui si sono occupati i giudici di legittimità con l’ordinanza n. 25927/2017 è quello di una persona fisica, proprietaria di alcuni terreni agricoli, i quali erano concessi in affitto ad una SRL operante nel settore vitivinicolo, la quale detraeva come costi i canoni versati.
Il proprietario del fondo, dopo qualche tempo, si vedeva recapitare un avviso di accertamento ai fini IRPEF, IRAP e IVA per omessa dichiarazione dei redditi relativi all’affitto dei terreni agricoli. Secondo l’Agenzia, infatti, i canoni percepiti dovevano essere considerati come redditi diversi e non certo come redditi fondiari.
Mentre le due Commissioni Tributarie avevano fatto proprie le argomentazioni dell’Ufficio, di segno completamente opposto è stata la decisione della Cassazione, la quale ha cassato la questione, accogliendo le tesi del proprietario e provando a fare chiarezza su un potenziale conflitto di norme.
Da un lato, infatti, occorre tenere conto delle previsioni dell’art. 32 del TUIR, il quale esclude la natura di reddito agrario dei terreni su cui svolge attività agricola una società di capitali.
Proprio sulla base di questa previsione, infatti, l’Agenzia aveva previsto la riconducibilità dei canoni di locazione all’interno dei redditi diversi di cui all’art. 67 del TUIR. Tuttavia, la richiamata norma, al comma 1 lettera e), stabilisce che sono redditi diversi “i redditi di natura fondiaria compresi quelli dei terreni dati in affitto per usi non agricoli”.
Incontestato l’utilizzo agricolo del fondo, ai giudici di legittimità spettava il compito di stabilire a quale norma dare la precedenza, ossia se privilegiare gli interessi della persona fisica proprietaria o quelli della società di capitali conduttrice.
La Cassazione, sul punto, ha riconosciuto la prevalenza dell’interesse del proprietario del fondo. Secondo i magistrati, infatti, “il locatore ha concesso in affitto i terreni per uso agricolo, con l’obbligo di dichiarare solo il reddito dominicale dei terreni” e ciò non può variare di volta in volta, in base alla tipologia dell’affittuario e alla relativa posizione tributaria.
Pertanto, conclude la Corte, l’affitto di un terreno per scopi agricoli deve ritenersi sempre un’attività i cui proventi devono essere ricondotti all’interno del reddito agrario, introducendo un orientamento che, se confermato, potrebbe rivelarsi davvero interessante per i proprietari di fondi rustici.
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