L’attività di produzione di caviale deve essere qualificata come un’attività agricola e, pertanto, può rientrare nel reddito agrario del produttore. Ciò è stato precisato dall’Agenzia delle Entrate nell’interpello n. 954-1328/2016.
{Il caso prospettato riguardava un soggetto che svolgeva attività di allevamento ittico e che produceva caviale attraverso l’eviscerazione del pesce allevato e la successiva lavorazione delle uova raccolte, consistente nella lavatura, sgranatura, salagione e conservazione delle stesse.
L’allevatore chiedeva se tali attività potessero essere qualificate come attività connesse, quindi riconducibili all’interno del reddito agrario, o se, al contrario, i redditi prodotti dovessero essere qualificati come redditi d’impresa.
Come noto, possono rientrare all’interno del reddito agrario tutte le attività e i beni ricompresi all’interno del DM 13 febbraio 2015, che definisce, appunto, tutti i beni che possono essere oggetto delle attività connesse ai sensi dell’art. 32 del TUIR.
Tra le voci presenti nell’allegato del richiamato decreto, quella inerente al caso di specie è “produzione e conservazione di pesce, crostacei e molluschi, mediante congelamento, surgelamento, essiccazione, affumicatura, salatura, immersione in salamoia, inscatolamento, e produzione di filetti di pesce (ex 10.20.0)”.
Se l’attività di lavorazione dello storione può pacificamente rientrare all’interno della predetta voce, decisamente più controversa era la questione che riguarda la raccolta delle uova per la produzione di caviale.
Il DM del 2015, elencando le attività di lavorazione, ha correttamente richiamato il codice ATECO 10.20.0. La presenza della locuzione ex, tuttavia, viene generalmente intesa come tassativa: si è sempre interpretato, infatti, che solo le voci manifestamente riportate nel decreto rientrassero tra le attività connesse e che non fosse possibile una estensione della voce a tutte le attività ricomprese all’interno del codice ATECO nominato.
In questo caso, però, l’Agenzia si è espressa in senso diametralmente opposto: la produzione del caviale può essere considerata come attività agricola connessa anche se non è espressamente indicata nel decreto e solo per il fatto che risulta ricompresa all’interno del richiamato codice ATECO 10.20.0 (“produzione di prodotti a base di pesce, crostacei e molluschi: filetti di pesce, uova, caviale, succedanei del caviale eccetera”) seppur non riportata nel DM 13 febbraio 2015.
Al di là del contenuto in sé, questo interpello ha il potenziale per scuotere in maniera importante le modalità interpretative del DM 13 febbraio 2015. Infatti, se anche al cospetto della dicitura “ex”, oltre all’elencazione contenuta all’interno del decreto, possono essere ricondotte nell’ambito dell’art. 32 tutte le attività indicate nei vari codici ATECO richiamati, l’area di applicabilità del decreto potrebbe espandersi, anche in maniera significativa.
Si pensi, ad esempio, a prodotti come il prosciutto e la coppa il cui inquadramento fiscale è particolarmente controverso. Nel decreto, infatti, vengono considerate come attività connesse la “produzione di carne essiccata, salata o affumicata, salsicce e salami (ex 10.13.0)”, mentre nel codice ATECO è indicata anche l’attività di ”stagionatura di prosciutti e insaccati”.
Se l’orientamento espresso dall’Agenzia nel richiamato interpello fosse esteso anche a questa fattispecie, non vi sarebbero più dubbi sull’inquadramento di tali prodotti nell’ambito della determinazione del reddito su base catastale.
Questo è solo un ulteriore esempio, ma la chiave di lettura utilizzata dall’Agenzia è assolutamente logica e decisamente interessante. Resta solo da sperare che l’Ufficio non faccia, come spesso accade, un passo indietro.
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