Non configura un abuso del diritto la cessione a terzi degli immobili oggetto di assegnazione agevolata ai soci: tale fattispecie, infatti, non contrasta con nessuna norma fiscale o con i principi dell’ordinamento tributario.
Ciò è stato precisato dalla risoluzione 93/E del 17 ottobre 2016, la quale ha fornito un chiaro principio in materia di abuso di diritto ed assegnazione agevolata: se quest’ultima dovesse essere prorogata dalla Legge di Stabilità 2017, tali principi potrebbero essere sfruttati anche per le operazioni future.
Il parere richiesto all’Agenzia riguardava una società semplice che era intenzionata a cessare l’attività. Sulla base di ciò, un terzo aveva fatto un’offerta per l’acquisto degli immobili di cui era essa era proprietaria. A causa della significativa imposizione fiscale derivante dalla cessione, però, l’azienda aveva rifiutato la proposta.
La società riteneva più conveniente, invece, procedere all’assegnazione agevolata ai soci dei predetti immobili, previa messa in liquidazione della società, dando poi la possibilità agli stessi soci di rivendere successivamente tali beni immobili al potenziale acquirente.
In questo modo, una prima plusvalenza sarebbe stata tassata con l’imposta sostitutiva dell’8%; in capo ai soci, quindi, si sarebbe realizzata solo una piccola plusvalenza imponibile (ex art. 67 del TUIR) da calcolare sulla eventuale differenza tra il corrispettivo ricevuto e il valore dell’assegnazione.
Ci si chiedeva quindi se quest’ultima operazione di assegnazione e cessione da parte dei soci fosse legittima o se potesse essere qualificata come abuso del diritto ai sensi dell’art. 10 bis dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000).
Sul punto, l’Agenzia si è pronunciata sostenendo che le operazioni rappresentate non possono configurare un abuso del diritto. Il citato art. 10-bis, infatti, prevede che si ha un abuso quando concorrono tre requisiti:
- l’operazione deve realizzare un vantaggio indebito, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”;
- l’operazione deve essere priva di sostanza economica, ossia quando essa non è idonea a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali;
- l’operazione deve portare essenzialmente al conseguimento di un vantaggio fiscale.
Nel caso di specie, afferma l’Agenzia, la cessione degli immobili da parte dei soci è una facoltà che il legislatore non ha voluto vietare; pertanto, l’eventuale risparmio di imposta ottenuto, oltre che insindacabile, è pienamente legittimo. Non esiste quindi contrasto con alcun tipo di norma o principio dell’ordinamento.
Non solo: tali operazioni appaiono coerenti con la finalità dell’operazione di assegnazione agevolata. Infatti, essa è prevista per consentire alle società di estromettere dal loro patrimonio immobili che potrebbero poi essere rimessi sul mercato, favorendo così la circolazione degli stessi.
A prescindere dagli effetti concreti sulle operazioni di assegnazione agevolata, la circolare in esame è particolarmente interessante, poiché recepisce un principio fondamentale: quando è l’ordinamento ad offrire una alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata.
©RIPRODUZIONE RISERVATA