Come già era stato annunciato in una precedente circolare, il 6 luglio è stato approvato il cosiddetto “collegato agricolo”. Si tratta di una legge delega, ancora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che attribuisce al Governo il potere di normare alcune fondamentali materie per il settore agricolo.
Tra le sfide più interessanti con cui si dovrà confrontare l’esecutivo, c’è quella contenuta nell’art. 5 del collegato, il quale prevede che “al fine di procedere alla semplificazione e al riassetto della normativa vigente in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali, fatta salva la normativa prevista in materia di controlli sanitari, il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi con i quali provvede a raccogliere in un codice agricolo ed in eventuali appositi testi unici tutte le norme vigenti in materia divise per settori omogenei e ad introdurre le modifiche necessarie alle predette finalità”.
La redazione di tale testo unico dovrà avere finalità di riorganizzare la materia agricola, operando una certosina attività di coordinamento e armonizzazione della normativa, risolvendo eventuali conflitti tra norme ed eliminando tutte le disposizioni più o meno implicitamente abrogate. Inoltre, il TU dovrà avere l’obiettivo di semplificare i procedimenti amministrativi, le relazioni con le amministrazioni, nonché tutte le attività di controllo.
La creazione di un testo unico agricolo, peraltro, rappresenta una prova complicatissima per il legislatore delegato, in quanto creare principi comuni per tutte le attività agricole sarà un esercizio diabolico: creare una cornice unica per la zootecnia, la viticoltura, l’acquacoltura e la coltivazione, ad esempio, senza pregiudicarne le peculiarità, sembra operazione davvero complicata.
Parrebbe quindi più saggio operare razionalizzazioni per materia, cercando di dare unità agli specifici profili (quello fiscale, quello previdenziale, quello ambientale, ecc.) per creare una normativa coerente e di alto livello e non rischiare di cadere in eccessive semplificazioni.
Tra le deleghe poste in capo al Governo, l’art. 6 attribuisce il compito all’esecutivo di adottare una normativa per l’affiancamento tra gli imprenditori agricoli ultrasessantacinquenni con i giovani agricoltori (di età compresa tra i 18 e i 40 anni) che non dispongono di terreni agricoli, il tutto al fine di favorire il passaggio generazionale.
Si tratta di una ulteriore forma di conduzione associata in cui un giovane viene affiancato a un imprenditore anziano; si potrebbe trattare di una sorta di associazione in partecipazione in cui l’imprenditore è l’associante e il giovane l’associato che apporta il proprio lavoro.
Il decreto legislativo dovrà disciplinare gli aspetti previdenziali e fiscali al fine di consentire al giovane di beneficiare delle agevolazioni di settore, quali, ad esempio, la determinazione del reddito su base catastale per mezzo dell’imputazione di una quota di reddito agrario.
Inoltre, ultimato l’affiancamento (massimo 3 anni), è necessaria anche l’istituzione di una procedura semplificata per favorire il passaggio generazionale dell’azienda (attrezzature e scorte) in capo al giovane imprenditore. In questo caso il legislatore potrebbe semplificare le procedura prevedendo la possibilità di redigere l’atto con scrittura privata non autenticata e l’esonero dall’imposta di registro che, nella fattispecie, sarebbe del 3 per cento.
L’art. 12 del collegato agricolo ha operato un’estensione relativamente all’esercizio delle attività agricole di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico e privato.
Dall’analisi del dettano normativo sembra quasi che il legislatore intenda portare nell’ambito delle attività agricole lo svolgimento della cura del verde svolta anche tramite l’utilizzo di prodotti vegetali acquistati prevalentemente da terzi. Tuttavia, se verrà effettuata una tale estensione, occorrerà coordinarla con la disciplina delle attività agricole connesse.
Infine l’art. 17 modifica la disciplina dei contratti di rete: viene aggiunto all’art. 3, comma 4-ter, numero 3), del decreto-legge 5/2009, in base al quale l’obbligo di deposito della situazione patrimoniale entro il mese di febbraio dell’anno successivo riguarda solo i contratti di rete che generano personalità giuridica attraverso la costituzione di un fondo comune. Pertanto, le “reti-contratto” prive di fondo comune non dovranno predisporre la situazione patrimoniale.
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