Come è noto per poter usufruire della determinazione del reddito su base catastale è necessario che i prodotti trasformati e manipolati siano compresi nell’elenco di cui al D.M. 13 febbraio 2015. Oltre a ciò è necessario che gli stessi siano ottenuti da beni prodotti prevalentemente dall’azienda agricola.
Se viene rispettato il requisito della prevalenza ma il prodotto ottenuto dalla trasformazione/manipolazione non è inserito nell’elenco di cui al richiamato decreto ci si deve interrogare sulla possibilità di applicare l’art. 56 bis del TUIR che prevede un criterio di tassazione forfettario nella misura del 15%.
Come chiarito dalla Circolare 44/E del 2004 l’applicabilità della tassazione forfettaria è limitata a quelle attività di trasformazione che possono considerarsi “usualmente” esercitate nell’ambito dell’attività agricola; pertanto, già da tempo si è aperto un dibattito per definire quali processi di trasformazione potessero rientrare nel concetto di “usualità”, anche alla luce del fatto che lo stesso legislatore ha inserito nel D.M. del 13 febbraio 2015 prodotti generati da una seconda trasformazione, come, ad esempio, il pane.
Proprio sull’applicabilità dell’art. 56-bis, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8128/2016 del 22 aprile 2016, ha offerto una lettura decisamente restrittiva in materia.
La pronuncia riguarda un’azienda agricola che, prima dell’introduzione del “pane” nel D.M. delle attività agricole connesse, svolgeva anche attività di panificazione, determinando i relativi redditi su base catastale (ex art. 32 del TUIR).
La Commissione Tributaria Regionale di Perugia escludeva l’applicazione dell’art. 32 del TUIR, ma riteneva l’attività di produzione di pane come rientrante nei limiti dell’art. 56 bis (tassazione forfettaria al 15%).
L’Agenzia escludeva la possibilità di poter definire tale attività come attività connessa; pertanto, impugnava la sentenza di appello sostenendo che l’attività rientrava integralmente nella disciplina dei redditi d’impresa ex art. 56 del TUIR (determinazione analitica del reddito).
La Cassazione, con la pronuncia in oggetto, ha accolto pienamente le posizioni dell’Ufficio, affermando che l’art. 56-bis riguarda le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione relative a prodotti, seppur diversi da quelli indicati nell’art. 32 comma 2 lett. c), ottenuti prevalentemente nello svolgimento delle attività agricole principali di cui all’art. 2135 c.c. (coltivazione, allevamento silvicoltura).
La trasformazione della farina in un prodotto da forno (pane, pizza o piadina) e la successiva cessione, produce soltanto reddito d’impresa ex art. 56.
Infatti, secondo i Giudici di legittimità pare impossibile sostenere l’applicabilità del regime forfettario dell’art. 56-bis, poiché i prodotti della panetteria vengono ottenuti da una seconda trasformazioni di un prodotto (farina) che già di per sé è frutto di una prima trasformazione del grano (prodotto agricolo principale).
Come già accennato in precedenza, le considerazioni dei giudici di legittimità riguardano periodi di imposta in cui il prodotto “pane” non era inserito nel richiamato decreto delle attività agricole connesse, tuttavia, l’interpretazione rigorosa e restrittiva che vuole escludere dalla determinazione forfetaria del reddito (15%) qualsiasi prodotto che subisce una seconda trasformazione non appare per nulla condivisibile.
Muovendo dai principi espressi dai Giudici di Legittimità si arriverebbe ad escludere dalla tassazione forfettaria prodotti come la piadina romagnola che subiscono lo stesso processo di trasformazione del pane. Prodotto “pane” che, come è noto, dal 15 febbraio 2015 è stato inserito nel decreto delle attività agricole connesse e, come tale, può usufruire della determinazione del reddito su base catastale.
Una evidente contraddizione che penalizza alcuni tipi di prodotti rispetto ad altri e senza nessuna logica. Si pensi, infatti, che la produzione della piadina è una pratica usuale e tradizionale del mondo contadino.
Questo prodotto si produceva ancora prima del pane e quando nelle nostre campagne c’erano condizioni di assoluta miseria, ha permesso la sopravvivenza di intere famiglie contadine.
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