In tema di assegnazione e cessione agevolata di beni ai soci ci si può imbattere in operazioni riguardanti immobili che possono essere oggetto dei diritti di prelazione previsti dalla legge.
L’agevolazione è concessa solo con riferimento a immobili diversi da quelli strumentali per destinazione; pertanto, oggetto dell’operazione saranno unità immobiliari o terreni concessi in locazione/affitto e come tali sottoposti ai diritti di “prelazione urbana” del conduttore o di “prelazione agraria” dell’affittuario o del confinante.
In questi casi, quindi, occorre capire come i due istituti dell’assegnazione e della cessione possono essere coordinati con quello della prelazione.
Quando si parla di prelazione agraria si intende quella prevista dall’art. 8 della L. 590/1965 a favore degli affittuari coltivatori diretti del fondo, nonché dei proprietari coltivatori diretti dei fondi confinanti così come stabilito dall’art. 7 della L. 817/1971.
La cessione agevolata: per quanto riguarda la cessione agevolata del bene al socio, il diritto di prelazione pare praticamente ineludibile: si tratta infatti di un’operazione di compravendita, l’atto di trasferimento oneroso per eccellenza, idoneo a quindi a far scattare il meccanismo della prelazione.
L’assegnazione agevolata: nell’ambito di atti di assegnazione agevolata è, invece, significativamente più complesso individuare se sorga o meno il diritto di prelazione in capo agli aventi diritto.
Trattandosi di un’operazione societaria di distribuzione del patrimonio netto in natura e non di uno scambio a prestazioni corrispettive, pare debba escludersi l’applicabilità della disciplina della prelazione: in tal senso si è pronunciata una vecchia sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 8936/1987).
In tale direzione pare andare la Cassazione anche nei confronti del contratto di permuta: la Cassazione afferma infatti che l’esclusione espressa dalla permuta (art. 8 comma 2 della L. 590/1965) dalla prelazione deve essere estesa ad ogni ipotesi di trasferimento privo di controprestazione o di corrispettivo in denaro (Cass. 26044/2005).
Di tenore simile è stata inoltre la pronuncia in materia di conferimento in natura: la sent. 7039/1992 della Cassazione ha escluso il diritto di prelazione dell’affittuario in quanto il conferimento di fondo rustico in società è un atto diverso dai contratti di scambio di cui all’art. 8 della L. 590/1965 suscettibili di attivare la pretesa del titolare del diritto di prelazione.
Nel senso di escludere l’applicabilità della prelazione ai contratti di permuta e di conferimento si è espresso anche il Consiglio nazionale del Notariato con lo studio n. 226-2006/C.
Quanto sopra descritto per il diritto di prelazione agraria, può essere esteso anche alla cosiddetta prelazione urbana, di cui è titolare il locatario di un immobile, sia esso di tipo commerciale (art. 38 L. 392/1978) o abitativo (art. 3 L. 431/1998).
Concludendo, quindi, le ragioni sovraesposte paiono legittimare l’estendibilità dell’esclusione dell’applicazione del diritto di prelazione in relazione ad un’operazione di assegnazione del bene in natura. Tale esclusione, giova ricordarlo, non può operare nel caso di cessione agevolata ai soci: per tale fattispecie è prevista quindi la possibilità da parte del titolare del diritto di esercitare il proprio diritto di prelazione.
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