Per potersi avvalere del regime di esonero, i titolari di tali diritti devono dimostrare la sussistenza dei requisiti per l’accesso a tali benefici. Laddove ciò non avvenga, l’operazione di vendita dovrà essere sottoposta all’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari.
L’art. 34, comma 6, del D.P.R. 633/1972 disciplina il regime di esonero IVA per i produttori agricoli: per coloro che non raggiungono il volume di affari di 7000€ è prevista la dispensa dagli obblighi documentali e contabili, nonché l’esonero dal versamento dell’imposta.
Ciò è stato deciso dalla Corte di Cassazione, con tre sentenze gemelle, n. 5407, 5408 e 5409, depositate il 18 marzo 2016. Il caso riguardava tre diversi avvisi di accertamento inviati ad un consorzio di produttori di latte, a cui veniva contestata l’emissione illegittima di autofatture nei confronti di soggetti non soci che avevano effettuato transazioni commerciali con il consorzio.
Tali scambi commerciali venivano svolti con “l’esonero dal versamento dell’imposta a favore dei produttori agricoli”, senza che il consorzio avesse effettivamente accertato che gli acquirenti si trovassero nelle condizioni di esonero previste dall’art. 34 c. 6 del Decreto IVA.
Le commissioni tributarie provinciale e regionale hanno accolto il ricorso del consorzio, affermando che, in mancanza di prova contraria, doveva ritenersi corretta la condotta di quest’ultimo emettendo autofattura nei confronti delle controparti per cui non era stata messa in discussione la sussistenza della qualità di impresa agricola.
La Cassazione, al contrario, accoglie le motivazioni presentate dall’Agenzia, censurando il comportamento tenuto dal consorzio in quanto questi, in mancanza di prove, non aveva titolo per sostituirsi all’operatore agricolo non socio nella scelta del regime fiscale da applicare.
Sulla base del principio generale, previsto dall’art. 2697 del codice civile, l’onere della prova era posto in capo al soggetto che intendesse avvalersi del diritto: spettava quindi al cessionario dare notizia del suo stato di esonerato. In assenza di tale comunicazione, il consorzio avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 6 commi 8-9 del D. Lgs. 471/1997, regolarizzare l’operazione compiuta versando la relativa imposta.
Pertanto, ribadiva la Corte, la condotta tenuta non era stata legittima in quanto, da un lato, il cessionario non aveva comunicato la propria condizione di esonerato; dall’altro, in assenza di tale comunicazione, il consorzio aveva proceduto all’indistinta emissione di autofatture, sostituendosi indebitamente all’acquirente nella scelta del regime da applicare alla transazione.
Quindi, nella fattispecie, la società consortile, essendosi sostituita ai produttori agricoli, poteva emettere le autofatture dando prova che gli acquirenti potevano accedere al regime speciale di cui all’art. 34 c. 6 più volte richiamato. In caso contrario, si doveva applicare il regime ordinario.
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