I costi per ristrutturazioni e manutenzioni dei fabbricati rurali strumentali all’esercizio dell’attività di agriturismo possono essere utilizzati ai fini delle detrazioni IVA.
Questo ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza 4606/2016 depositata ieri, in cui si è pronunciata sul caso di una società a cui era stata contestata l’indebita detrazione IVA richiesta sulla base dei corrispettivi versati per alcuni lavori di ristrutturazione di appartamenti destinati allo svolgimento dell’attività turistico-ricettiva svolta nell’ambito dell’agriturismo che, la stessa, gestiva.
La CTP aveva accolto le doglianze del contribuente, il quale aveva presentato ricorso contro la sentenza della CTR la quale, invece, aveva escluso la possibilità di richiedere la detrazione ai fini delle imposte indirette mentre, per quanto riguarda le imposte dirette, pareva possibile dedurre dal reddito d’impresa tali costi in quanto sostenuti per fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività dell’impresa stessa.
La Cassazione ha accolto le ragioni del contribuente, avvalorando la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 18/2012, secondo cui gli immobili abitativi utilizzati per lo svolgimento di un’attività ricettiva devono essere trattati come fabbricati strumentali per natura, purché tale attività comporti l’effettuazione di prestazioni di servizi imponibili IVA.
Pertanto, le spese sostenute ai fini di acquisto, manutenzione o ristrutturazione di detti beni non risentono del regime di indetraibilità previsto dall’art. 19-bis1 lett. i) del DPR 633/1972. Questa norma nega la detrazione IVA per l’acquisto o le opere effettuate su fabbricati abitativi, fatta salva l’ipotesi in cui le stesse siano sostenute dalle imprese di costruzione.
Nell’ambito di questa sentenza, inoltre, la Corte ne ha approfittato per rinverdire il proprio consolidato orientamento (Cass. nn. 16685/2015 e 490/2015) in merito ai requisiti necessari per poter definire un’attività agrituristica come attività di ricezione ed ospitalità. Occorre, innanzitutto, la qualifica di imprenditore agricolo da parte del soggetto che svolge l’attività; l’esistenza di un rapporto di “connessione e complementarietà” con l’attività propriamente agricola e la permanenza della prevalenza dell’attività agricola rispetto a quella agrituristica.
Ne consegue, secondo la Cassazione, che l’attività agrituristica va considerata in senso unitario e che, tale attività, non può essere svolta senza la presenza di immobili ad uso abitativo costruiti sul fondo. Perciò, le spese sostenute per tali immobili, che hanno quindi funzione strumentale rispetto all’attività di agriturismo, devono godere dell’ordinario regime di detrazione IVA se esercitata la relativa opzione.
La previsione del già citato art. 19-bis1 lett. i) e il relativo regime di indetraibilità, spiegano quindi i giudici, opera in tutti quei casi in cui i beni vengono utilizzati dal contribuente in maniera esclusiva per le proprie necessità individuali o, tutt’al più, in modo promiscuo.
Laddove, invece, come nel caso di specie, le spese di ristrutturazione riguardino un immobile il cui uso riguarda in maniera esclusiva l’esercizio dell’impresa e la cui funzione abitativa sia direttamente strumentale all’attività agrituristica, tale bene dev’essere qualificato come direttamente strumentale allo svolgimento di un’attività economica assoggettata all’IVA e, quindi, perfettamente rientrante nel regime ordinario di detrazione previsto dall’art. 19 del decreto IVA.
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