Coltivare il fondo a titolo di comodato non fa sorgere il diritto di prelazione o di riscatto. Infatti, il comodato stesso non rientra tra i contratti agrari e la norma di riferimento, l’art. 8 della L. 590/1965, non può essere interpretata in maniera analogica o estensiva.
Questo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 17 dicembre 2015 n. 2861 depositata il 12 febbraio 2016.
L’oggetto della controversia riguardava una coltivatrice diretta che aveva chiesto il riscatto di un fondo rustico confinante che era stato ceduto ad una società agricola che, secondo l’attrice, era stata costituita al fine di aggirare il suo diritto di prelazione.
La Cassazione ha respinto il ricorso della coltivatrice in quanto non fondato. La Corte, muove da un’attenta analisi dell’art. 8 primo comma della già citata legge 590/1965, che stabilisce i requisiti necessari per ottenere il diritto di prelazione.
Tale diritto si può esercitare solo in caso di trasferimenti a titolo oneroso o concessione in enfiteusi di fondi oggetto di contratti agrari, compartecipazione o concessi in affitto a coltivatore diretto.
L’affittuario, il mezzadro, il colono e il compartecipante possono quindi esercitare il diritto di prelazione. Diritto che è stato concesso anche al proprietario del terreno confinante, così come previsto dall’art. 7 della L. 817/1971.
Per esercitare la prelazione, il confinante deve coltivare direttamente il proprio fondo da almeno due anni, esercitando il diritto di proprietà ovvero uno dei titoli giuridici individuati dal già citato art. 8 della L. 590/1956.
Non spetta, quindi, il diritto a chi abbia svolto attività di coltivazione a titolo diverso come, ad esempio, nel caso del godimento per mera tolleranza dell’avente diritto.
Nel caso di specie, la coltivatrice era diventata proprietaria del fondo da meno di due anni, mentre precedentemente lo conduceva a titolo di comodato. Tale titolo, però, non può essere considerato idoneo a dar luogo al diritto di prelazione, in quanto il comodato, per giurisprudenza pacifica, non è annoverabile tra i contratti agrari e la norma di riferimento (art. 8 della L. 590/1956) non può essere interpretato in maniera estensiva o analogica.
Pertanto, la Cassazione, con questa pronuncia, dà un’importante conferma, mettendo chiarezza su un tema molto dibattuto ed escludendo, una volta per tutte, che il comodato possa essere titolo valido ai fini dell’acquisizione del diritto di prelazione.
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