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Cessione del diritto di superficie. I Giudici di merito censurano l'orientamento dell'agenzia

La cessione del diritto di superficie non può essere qualificata dall'Ufficio come una obbligazione di fare non fare permettere, ciò alla luce del fatto che si tratta di un contratto reale di godimento che non può essere tassato alla stregua di un contratto con effetti obbligatori.

Queste sono in estrema sintesi le motivazioni poste alla base della sentenza n. 1251/07/2015 con cui la  Commissione Tributaria Provinciale di Foggia ha annullato alcuni avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia che avevano ricondotto le plusvalenze derivanti dalla cessione di diritti reali di superficie tra i redditi diversi derivanti dall’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere (articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir), anziché tra i redditi diversi derivanti dalla cessione di diritti reali su immobili (articolo 67, comma 1, lettera b).

I giudici di Foggia, seguendo un principio già espresso nella sentenza della Cassazione n. 15333/2014, hanno censurato l'impostazione offerta dall’Agenzia con la circolare 36/E/2013, riconoscendo che la cessione del diritto reale di superficie, indipendentemente dal fatto che sia stato acquistato autonomamente o nell’ambito della piena proprietà, non può, in alcun modo, «trasformarsi» nell’assunzione di un obbligo di fare, non fare o permettere.

Pertanto, la plusvalenza rientra sempre tra i redditi diversi immobiliari (articolo 67, comma 1, lettera b) che non generano alcuna plusvalenza tassabile nel caso in cui siano detenuti da più di cinque anni.

 



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