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Prestazioni gratuite non più contestabili dal Fisco

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21972/2015 ha stabilito che l’Agenzia delle Entrate non può contestare le prestazioni rese dai commercialisti a titolo gratuito a favore di parenti, amici, soci di società già clienti a pagamento dello studio, in grado di incrementare la clientela. 

La Sentenza in esame è di particolare importanza, poiché molto spesso l’Ufficio contesta al professionista la gratuità delle prestazioni svolte.

In sostanza i Giudici di legittimità hanno ritenuto plausibile la gratuità delle prestazioni in considerazione dei rapporti di parentela e di amicizia con i clienti, della loro qualità di soci di società clienti – “per cui ogni eventuale compenso rientra in quello già corrisposto dalla società di appartenenza” – e della circostanza che l’attività svolta in loro favore riguardava soltanto l’invio telematico delle dichiarazioni ed era finalizzata “all’incremento della clientela, cosicché la semplicità della prestazione in sé rende verosimile l’assunto del contribuente circa la sua gratuità”.

Sul punto ricordiamo anche quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 84/E del 2001, relativa alle metodologie di controllo nei riguardi degli studi legali, secondo cui “qualora il contribuente giustifichi la mancata emissione della fattura con la gratuità della prestazione … si deve procedere alla verbalizzazione dei motivi del mancato pagamento ed alla verifica di quanto asserito attraverso controlli incrociati. La gratuità delle prestazioni può essere considerata verosimile nei confronti di parenti o di colleghi-amici”.

Come sopra detto, i principi esposti sono assolutamente condivisibili, tuttavia non possono essere portati all’estremo, infatti è bene che la gratuità della prestazione non appia manifestatamente antieconomica per il professionista. Ciò si verifica, ad esempio, quando la complessità della prestazione svolta è tale da non giustificare in ogni caso la gratuità della stessa.

 



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