Quando un soggetto svolge un’attività economica rivolta al mercato ed avente ad oggetto l’attività di coltivazione del fondo, silvicoltura o allevamento, ci troviamo al cospetto di un’impresa agricola.
Tuttavia, le diverse discipline che interessano l’imprenditore agricolo, di carattere comunitario o nazionale, offrono delle diverse sfumature in relazione a questa figura, evidenziando, a volte, anche sensibili divergenze per quanto riguarda i requisiti richiesti e sia per i diritti che competono a questi soggetti.
Nel dopo guerra l’agricoltura italiana era caratterizzata da latifondi e da imprese estremamente frammentate. La mezzadria era particolarmente diffusa in ampie Regioni. La prima riforma del settore ha voluto incentivare la figura del Coltivatore Diretto e della famiglia coltivatrice con l’intento di creare uno spirito imprenditoriale grazie ad agevolazioni che consentivano a queste figure particolari agevolazioni, soprattutto per l’acquisto o l’ampliamento del fondo agricolo.
In ambito comunitario, a partire dai primi anni ’70, nella consapevolezza che le imprese agricole necessitassero di sostegni pubblici per poter rimanere competitive sul mercato, fu introdotta la figura dell’Imprenditore Agricolo a Titolo Principale (IATP), caratterizzata da un’adeguata capacità professionale e dal fatto che desinasse alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo e ritraendo dalle stesse almeno il 50% del proprio reddito. Tali caratteristiche permettevano allo IATP l’accesso alle sovvenzioni comunitarie.
L’ultima grande riforma del settore agricolo risale al 2001 con la riscrittura dell’art. 2135 del Codice Civile, con cui si definisce la figura dell’imprenditore agricolo attraverso le attività che lo stesso può esercitare.
Successivamente, con il D.Lgs. n. 99/2004, è stata definita la figura dell’Imprenditore Agricolo Professionale (IAP). Si tratta di un notevole passo in avanti per la modernizzazione del settore in quanto questa nuova figura professionale può essere riconosciuta solo quando il richiedente è in possesso di specifiche conoscenze; inoltre, tale figura può essere ricondotta ai soci delle società di persone, agli amministratori delle società di capitali. Le stesse società, in presenza di particolari requisiti, possono a loro volta essere qualificate IAP.
Pian piano la figura dell’Imprenditore Agricolo Professionale ha affiancato quella storica del Coltivatore Diretto (CD) al quale non sono richieste particolari competenze dato che si caratterizza per il proprio apporto di lavoro “manuale/materiale”, in grado di soddisfare almeno un terzo del fabbisogno aziendale.
Il Coltivatore Diretto, fino alla riforma dei primi anni 2000, era la figura privilegiata dal Legislatore, a cui erano concessi speciali privilegi (ad esempio in materia di prelazione agraria, semplificazioni fiscali ed edilizie).
Invece, all’imprenditore agricolo è riconosciuta una capacità organizzativa intellettuale, che prevale su quella manuale, tanto che, a differenza del Coltivatore Diretto, egli non corrisponde alcunché ai fini dell’assicurazione obbligatoria sugli infortuni, versando unicamente i contributi ai fini previdenziali.
A più riprese, a partire dal 2004, il Legislatore è intervenuto per avvicinare la figura dello IAP a quella del Coltivatore Diretto, in particolare per l’accesso a disposizioni agevolative. Si tratta tuttavia di due figure che, in genere viaggiano su binari separati che solo per alcuni aspetti trovano una convergenza.
Gli esempi non mancano: se ai fini delle imposte sui redditi o dell’IRAP non vi sono divergenze nei trattamenti riservati a tali figure, emergono diversità in presenza di società di persone (Sas e Snc) e di capitali. Altre divergenze particolarmente penalizzanti riguardano la prelazione agraria.
Pare che il Legislatore non riesca a mettere a fuoco quelle divergenze che ancora oggi creano una disparità di trattamento. Anzi, sovente, quando legiferando si avrebbe l’opportunità rendere più uniforme e lineare l’inquadramento degli imprenditori agricoli, spuntano nuove definizioni per tale figura professionale; altre volte, solo limitatamente a particolari casistiche soggettive od oggettive si introducono norme con cui si uniformano diritti e doveri dei lavoratori autonomi agricoli singoli o associati.
Sotto questo punto di vista, anche la recente Legge per agevolare l’imprenditoria agricola giovanile (L. 36/2024) per certi aspetti è criticabile.
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